E’ probabile che via Cupa sia una via che segue l’antico tracciato medioevale, prima che Colbordolo diventasse Castrum. Si comprende subito che non è un percorso semplice già dalla ripida discesa, quasi un tuffo, che sembra richiedere per il percorso   verso la vallata.  

Ora strada Cupa è poco percorsa: poco lineare, lunga poco più di un chilometro, ma ripida: passa dai 293 metri di Colbordolo ai 97 metri della strada statale “Urbinate”. Si trova sul versante sud-orientale del crinale che culmina con il monte di Colbordolo a circa 400 metri di altitudine. 

Si percorrono curve in discesa, nascoste da prugnoli, biancospini e sambuchi e quando la vegetazione lascia spazi aperti si ammirano distese di querce e di olmi. Il paesaggio è molto articolato, zone piane si alternano frequentemente ad avvallamenti e pendenze di inclinazioni diverse.

Arriva fino alla strada per Urbino e guarda al fiume Apsa.

Questa è la parte di Colbordolo appartenuta alla Abbazia di San Tommaso in Foglia, che infatti si trovava tra i fiumi Foglia ed Apsa. Con una Bolla del Papa Innocenzo III nel 1213 alla Abbazia viene assegnato di riscuotere le decime dalle chiese di Fanano, Talacchio, Montefabbri e d Colbordolo.  Essa segue dunque il destino dei territori dell’Abbazia nel contado urbinate quando  Genga, parte di Ripe, come ancor prima Montefabbri, decidono di mettersi sotto la protezione di Rimini nella lunga lotta contro i Montefeltro. Questo è durato probabilmente fino al 1448. 

Intorno a Colbordolo nel 1517 Francesco Maria I della Rovere organizza il campo per assalire e riprendere il controllo di Urbino a Guidobaldo da Montefeltro, dopo essere arrivato a Rimini e aver assaltato i castelli di Saludecio e Mondaino. Intorno a Colbordolo, vicino al fiume Apsa, si radunano una compagnia di fanti, arrivati da Fermo  in aiuto del suo nemico, ma vengono dispersi. La vicenda ha un lieto fine grazie all’aiuto che Francesco Maria riceve dai capitani veneziani a lui rimasti fedeli e il patto con cui si legano viene firmato a Sermide: il giuramento viene dipinto da Girolamo Genga nella Villa Imperiale di Pesaro. 

E Genga è un cognome ma anche un luogo, come avveniva spesso. Infatti il Genga è nato probabilmente a Urbino ma il suo cognome chiarisce le origini della sua famiglia. Il Duca Francesco Maria I della Rovere gli dona la Montagna di Castel d’Elce (oggi Casteldelce) chiamandolo ” Hieronimo di Bartolomeo di Pietro da Genghe, dell’arte e della pittura maestro eccellente…”. Delle Genghe significa che la famiglia ha avuto origine nel castello delle Genghe. 

Anche Serra di Genga doveva essere un centro abitato. Nel 1400 Genga ha un nucleo fortificato sopra la collina dominante e un borgo ai piedi dell’altura, detto Valle. Serra di Genga è un’antica “Villa” che ha il suo castello più in basso, arroccato su uno strapiombo aggettante nel fosso. La denominazione di “Serra” si riferisce ad un crinale allungato, in questo caso collinare, mentre “Genga” è un toponimo che rimanda alla presenza di marna o argilla. Quello che  rimane son radi lacerti: pezzi di coppi, piccolissime muraglie a strapiombo sui fossi. Legato certamente alla Pieve di San Tommaso.

Questo è un terreno di scontri fra le truppe malatestiane e quelle montefeltresche. Nel 1433 gli Sforza si scontrano per il dominio delle terre. Nell’estate del 1446 Montefabbri, Colbordolo e Talacchio devono cedere all’assedio malatestiano. Nell’ottobre successivo gli Sforza, riprendendosi, alleati ai Montefeltro, mettono a ferro e fuoco Monteluro, Pozzo, e Tomba (Tavullia).

 L’esercito degli Sforza è accampato sotto Serra di Genga e non certo con benefici effetti visto che si trattava di mercenari. Lo sconquasso è grande e la gente emigra dai vari castelli circostanti per andare nelle città. 

Fra questi: Sante di Peruzzolo da Colbordolo, nonno di Raffello e Piero di Andrea da Genga, nonno di Girolamo Genga. 

E’ curioso che due grandi maestri del Rinascimento siano originari delle terre di Colbordolo. Fra Genga e Ripe nella Valle c’è la casa di chi diede corpo alle fonti delle ninfe, ai muri, ai ninfei, alle ruine, ai dipinti murali, ai giardini e alle selve. Girolamo Genga compagno di ventura di Raffello da Urbino e Giulio Romano: i precursori di un’ architettura che diventa quella delle ville rinascimentali e barocche., che dà corpo alle architetture dei poemi che da Ariosto, Boiardo e Tasso si alimentano l’un con l’altro.

Nel  1548,  infatti   Girolamo Genga, ormai privo di impegni ufficiali e al termine della sua vita artistica ufficiale, trascorre gli ultimi anni nella quiete di una sua Villa.

 Vasari ne Le Vite, scrive che “Essendo tornato da Mantova già vecchio, se n’andò a stare a una sua villa nel territorio di Urbino, detta Valle, per riposarsi e godersi le sue fatiche … Nel qual luogo stando l’animo riposato, oppresso da una terribile febbre, ricevuti ch’egli ebbe tutti i sacramenti … con infinito dolore della moglie e de suoi figliuoli, finì il corso di sua vita nel 1551 a lì 11 luglio, di età d’anni settantacinque in circa …”. La casa - come tutti i terreni - è posta sotto il territorio del castello di Ripe ma a ridosso del castello e territorio di Genga.

Queste terre scoscese, inerpicate, boscose, ricche di punti di avvistamento, nascondigli, ripari, terra di povera gente, è anche  lo sfondo delle imprese dei briganti, come la Banda Grossi nella seconda metà del 1800.

Ed è stata testimone di scontri anche in giorni vicini a noi.


Nel corso della Seonda Guerra Mondiale Colbordolo è lungo le direttrici seguite dalle truppe alleate per sfondare la Linea Gotica. Il 28 e 29 agosto del 1944 le truppe alleate liberarono la zona tra Pesaro e Urbino e quindi Colbordolo. Dalle voci di radio Londra si parla dell’occupazione del Monte di Colbordolo e di Montefabbri, ma è da via Cupa che arrivano i mezzi corazzati arrivando fino al paese dove vengono accolti con grande gioia. La popolazione infatti aveva dovuto spostarsi per lungo tempo nelle zone di Coldelce, Serra di Genga e Urbino.

In quanto via d’accesso  alla Romagna e alla vallata del Foglia, Colbordolo si trova, insieme a Morciola e Bottega, ad essere luogo strategico di approviggionamento e deposito: se a Morciola ci sono i depositi di viveri e carburante, a Bottega i depositi delle munizioni, a Colbordolo vengono installati nella piazza davanti alla chiesa i forni per la cottura del pane.

Ne rimane memoria ancora oggi (si veda la tappa 11).